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Storia del Vino

Nel Lazio la  vite era già coltivata nei secoli precedenti la fondazione  di Roma anche se a quei tempi le popolazioni si dedicavano prevalentemente alla pastorizia.
Dall' Eneide di Virgilio sappiamo che i Sabini discendevano da Saucus cioè "vitisator", il vignaiolo.

Il vino oltre ad essere impiegato nelle offerte sacrificali cominciò ad essere gustato dalle varie tribù (gens)
La storia della vite e del vino a Roma si svolse in maniera sostanzialmente simile alla Grecia, dove cominciò la potatura.

In Etruria e a Roma,  per convincere i contadini a potare la vite il re Numa Pompilio dovette proibire  il vino di vigne non potate di adoperare nei sacrifici agli dei.

Non sempre i Romani amarono il proprio vino: fino al primo secolo dell'Impero i vini laziali furono poco apprezzati in quanto le uve venivano vendemmiate troppo mature .

 I vini laziali venivano spesso lasciati alla plebe ed i patrizi  preferivano quelli più prelibati provenienti anche dalla Gallia (Francia)e dalla Germania che dopo aver sostato nel porto di Ostia, venivano portati da capaci barconi che, risalivano il Tevere con l'aiuto di buoi, nei depositi del Portus Vinarius che doveva essere ai piedi dell'Aventino.

La cultura della vite continuò ad espandersi e nonostante i vari editti imperiali per lo sradicamento dei vigneti e la caduta dell'Impero Romano sopravvisse e tornò a fiorire nell'Alto Medioevo.


Nel Medioevo il vino oltre ad essere la bevanda più diffusa dopo l'acqua e più richiesto dal popolo, costituisce anche un elemento importante dell'economia privata e pubblica.

Numerose erano le persone che in vario modo vivevano e guadagnavano intorno al commercio del vino,  nacquero così le varie corporazioni: dei vignaroli, cioè dei produttori, dei sensali di Ripa e di Ripetta che commerciavano vino all'ingrosso.
 I barconi carichi di vino arrivavano al porto di Ripetta ,il sensale si adoperava per cercare i compratori che erano raccolti nella corporazione dei magazzinieri che possedevano grandi magazzini a Ripa Grande e a Ripetta da dove rivendevano il vino ai tavernieri, agli albergatori e agli osti di Borgo, ciascuno dei quali era riunito nella propria corporazione.

Data questa importanza economica del vino i pontefici si occuparono assiduamente dei problemi  ad esso attinenti:

Sisto V occupa un posto preminente nella storia del vino anche per la poderosa opera del suo medico che è il primo autentico trattato enologico di cui possiamo parlare.

Con Paolo III Farnese (1534 - 1549) che fu il maggiore e più famoso consumatore e intenditore di vini dei suoi tempi, apparve la carta dei vini con i nomi e la località di produzione;

 Leone X piantò i ricchi e ricercati vigneti della Magliana; Giulio III costruì la bella vigna di Papa Giulio.

Intanto l'osteria divenne la vera casa dei Romani, nel corso degli anni divennero sempre più grandi e più numerose.

L'editto di Leone XII del 1824 che stabiliva che le osterie dovessero chiudere l'ingresso con un canceletto (il suo successore Pio VIII abolì i canceletti); era consentito comprare il vino e portarselo via, ma non di sostare a bere, ma non a mangiare per cui i Romani facevano fagotto del proprio pranzo o della propria cena e li consumavano all'osteria .Nacque così il termine "fagottaro" colui che con l'aiuto di un telo si porta il mangiare da casa.Con l'unità d'Italia persino i Piemontesi dopo il 1870 divennero "fagottari" ,per quanto vari editti sabaudi vietavano loro di mangiare nelle Osterie, la tendenza  ancora sopravvive delle cosi dette fraschette dei Castelli Romani.

Nel 1854 apparve un libretto di Alessandro Rufini "Notizie storiche intorno all'origine dei nomi di alcune Osterie, Caffè, Alberghi e locande esistenti nella Città di Roma" da cui si può calcolare che le Osterie erano 712 di cui 139 erano senza nome.Un numero  di Osterie enorme in rapporto alla popolazione, ma fin dal Medio Evo il retroterra romano fu tutto un susseguirsi di vigne che dai Colli Albani arrivavano fino alle mura aureliane

Lo stesso anno (1854) papa Pio IX fondò l'Università dei mercanti di vino che raccoglieva magazzinieri ,osti, tavernieri,  e albergatori con sede nella chiesa di Santa Maria in Trivio ancora oggi,nel cortile  si può vedere lo stemma (il sole che illumina una vite piena di uva).

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